Sentenza 10 luglio 1974 n. 225
Sentenza 10 luglio 1974. n. 225 (Gazzetta ufficiale 17 luglio 1974, n. 187); Pres. BONIFACIO P., Rel. VERZI; imp. ,Parronchi e altri; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato SAVARESE).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici – Radiodiffusione circolare per mezzo di onde elettromagnetiche – Questione fondata di costituzionalità (Costituzione, art. 21, 41, 43; r. d. 27 febbraio 1936 D. 645, approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni, art. 1, 166, 168, n. 5, 178 [sost. dall’art. 1, n. 2, legge 14 marzo 1952 n. 196], 251; d. pres. 29 marzo 1973 n. 156, art. 1, 183, 195).
Corte costituzionale – Atti non aventi forza di legge – Questione incidentale di costituzionalità – Inammissibilità – Fattispecie (Costituzione, art. 134; d. pres. 26 gennaio 1952 n. 180; d. pres. 5 agosto 1966 n. 1214, nuove norme sulle concessioni d’impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori, art. 9).
Radiotelevisione e servizi radioelettrici – Apparecchi radio-trasmittenti – Denuncia obbligatoria di detenzione – Questione infondata di costituzionalità (Costituzione, art. 21, 43; legge 14 marzo 1952 n. 196, modificazioni degli art. 178, 269 e 270 del codice postale approvato con r. d. 27 febbraio 1936 n. 645, art. 3).
Sono illegittimi, per violazione degli art. 21, 41 e 43 Costituzione, gli art. 1, 166, 168, n. 5, 178 (cosi come sostituito dall’art. 1, n. 2, legge 14 marzo 1952 n. 196) e 251 r. d. 27 febbraio 1936 n. 645 (approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni) e degli art. .1, 183 e 195 d. pres. 29 marzo 1973 .n. 156 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) nella parte relativa ai servizi di radiodiffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche. (3)
Non possono formare oggetto di questione incidentale di costituzionalità atti non aventi forza di legge (nella specie, trattasi dell’art. 9 d. pres. 5 agosto 1966 n. 1214 [nuove norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori]. e del d. pres. 26 gennaio 1952 n. 180). (4)
È infondata la questione di costituzionalità dell’art. 3 legge 14 marzo 1952 n. 196, che impone l’obbligo di preventiva denuncia della detenzione di apparecchi radiotrasmittenti, in riferimento agli art. 21, 41 e 43 Costituzione. (5)
La Corte, ecc. – 1. – Le ordinanze indicate in epigrafe propongono, in riferimento agli art. 21, 41 e 43 Costituzione, identiche o analoghe questioni di legittimità costituzionale concernenti disposizioni in forza delle quali i servizi di radiodiffusione e televisione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche sono riservati allo Stato e di conseguenza non possono essere esercitati, anche se si tratti di apparecchi ricetrasmittenti per uso privato, da chi non ne abbia avuto la concessione.
I relativi giudizi, congiuntamente discussi nell’udienza pubblica, vengono pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Con la sentenza n. 59 del 1960 (Foro it., 1960, I; 1065), questa corte ha già dichiarato che gli art. 21, 41, 33 e 43 Costituzione non sono violati dalla riserva allo Stato dei servizi di televisione circolare a mezzo di onde radio elettriche, e dal conseguente divieto di impiantare ed esercitare servizi del genere senza avere ottenuto la prescritta concessione. E la decisione si articola sulle seguenti proporzioni; a) esiste una attuale limitatezza dei canali utilizzabili, talché la televisione si caratterizza indubbiamente come una attività predestinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno all’oligopolio di fatto; b) i servizi televisivi si collocano, pertanto, tra le categorie di imprese che si riferiscono a situazioni di monopolio, nel senso di cui all’art. 43 Costituzione; c) ricorrono aItresi gli altri due requisiti voluti dall’art. 43 Costituzione, e cioè l’attività di preminente interesse generale e le ragioni di utilità generale, idonee a giustificare l’avocazione in esclusiva dei servizi allo Stato; d) non è violato l’art. 21 Costituzione, perché data la limitatezza di fatto della possibilità di utilizzazione del mezzo televisivo, lo Stato monopolista si trova istituzionalmente nelle condizioni di obiettività e imparzialità più favorevoli per conseguire il superamento delle. difficoltà frapposte dalla naturale limitatezza del mezzo alla realizzazione del precetto costituzionale volto ad assicurare a tutti la possibilità di diffondere il pensiero con qualsiasi mezzo.
Quasi tutte le ordinanze dei pretori assumono invece che la limitatezza dei canali di trasmissione, sulla quale fondamentalmente si basa la motivazione suindicata, sarebbe oramai superata dallo sviluppo della scienza e della tecnica delle radiodiffusioni. L’esistenza di ampie bande di frequenza, i moderni metodi di trasmissione multicanale, ed il sistema di emissioni su uno stesso canale da parte di stazioni lontane, fra loro non interferenti, renderebbero pressoché illimitata la possibilità di trasmissioni.
Aggiungono, poiché la sentenza avrebbe fatto ricorso al concetto di oligopolio; assimilandolo alla situazione di monopolio di cui all’art. 43 Costituzione, mentre la parificazione fra le due situazioni si rivelerebbe inaccettabile; che la riserva allo Stato,. con la conseguente eliminazione degli operatori privati, esige che il fenomeno comporti un beneficio per la collettività,. mentre il sistema del monopolio, consentendo allo Stato di lasciare inutilizzata buona parte delle frequenze, produce. “una strozzatura del consumo”, in contrasto con i fini di utilità generale di cui all’art. 43 Costituzione; che è molto più facile diffondere notizie parziali e non obiettive in regime di monopolio, quando manca il confronto con lo stesso mezzo di diffusione; che è contestabile il presupposto da cui muove la sentenza, che cioè l’attività televisiva costituisca un servizio destinato alla diffusione del pensiero e che lo Stato, avocandolo a sé, ne sia il migliore garante. Dopo aver affermato che l’art. 21 regola .la materia in modo autonomo, sottraendola a quella dei rapporti economici, concludono che alla conclamata libertà di diffusione del pensiero dovrebbe accompagnarsi la libertà di fare uso dei mezzi indispensabili ad essa.
3. – La corte rileva che sussistono tuttora, nonostante il contrario assunto delle ordinanze di rimessione, quelle stesse ragioni giustificative della riserva allo Stato che nella precedente decisione furono enunciate a proposito della televisione circolare. E difatti sia per quest’ultima, sia per la radiodiffusione circolare la disponibilità delle bande di trasmissione, come risulta dalla motivata ed analitica relazione del Consiglio superiore delle telecomunicazioni allegata agli atti, è tanto limitata da consentire solo a pochi, ove la riserva non fosse disposta, l’utilizzazione del mezzo radiotelevisivo.
4. – Quanto innanzi si è detto consente di affermare che. a causa della limitazione delle bande di trasmissione disponibili, l’attività di radiotelediffusione circolare integra quella situazione di monopolio che l’art. 43 Costituzione considera legittimo presupposto. della riserva allo Stato.
Se la ratio di quella disposizione costituzionale risiede nella ragionevole previsione che, là dove non esiste o addirittura non è possibile la libera concorrenza, il monopolio statale (o degli altri soggetti tassativamente indicati) meglio garantisce l’interesse della collettività, ciò vale a maggior ragione quando, come nella materia in esame, si tratti di attività che, ben al di là della sua rilevanza economica, tocca molto da vicino fondamentali aspetti della vita democratica. Né vale l’obiezione che nella specie vi sarebbe, al più, pericolo di un oligopolio, non già di un monopolio. Ed invero le due situazioni. almeno se riferite ai servizi di cui qui si discorre, sostanzialmente si identificano negli effetti, atteso che la disponibilità in poche mani di uno strumento di comunicazione di massa non presenterebbe rischi minori di quelli insiti in un monopolio in senso stretto.
Del resto ricorre nella specie anche un’altra delle tre ipotesi contemplate nell’art. 43 Costituzione. Ed infatti, non potendosi minimamente dubitare che nell’attuale contesto storico la radiotelediffusione soddisfi .un bisogno essenziale della collettività, si deve convenire che trattasi di un servizio pubblico essenziale. caratterizzato da quel preminente interesse generale che la norma costituzionale richiede perché legittimamente possa essere disposta la riserva.
Che poi ricorrano “fini di utilità generale” è cosa che già risulta da quanto s’è detto. La radio televisione adempie a fondamentali compiti di informazione, concorre alla formazione culturale del paese, diffonde programmi che in vario modo incidono sulla pubblica opinione e perciò è necessario che essa non divenga strumento di parte: solo l’avocazione allo Stato può e deve impedirlo.
5. – Il monopolio statale, che per le cose dette trova fondamento nell’art. 43 Costituzione e per ciò stesso non viola l’art. 41 Cost., non risulta nemmeno incompatibile con l’art. 21 Costituzione.
La corte, anche qui ribadendo argomenti già svolti nella ricordata decisione n. 59 del 1960, rileva che, se quel monopolio non venisse disposto, non per ciò riuscirebbe ad avere attuazione il diritto dì “tutti” di manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione. A parte la considerazione che siffatto diritto non comprende anche quello di disporre di tutti i possibili mezzi (cfr. sent. n. 105 del 1972, Foro it., 1972, I; 1912), giova riaffermare che, non essendo controvertibile che il numero delle bande di trasmissione sia limitato, la liberalizzazione inevitabilmente si tradurrebbe in una effettiva riserva a pochi, comportando con ciò grave violazione di quel principio di eguaglianza che è cardine del nostro ordinamento e la cui scrupolosa osservanza si impone specialmente là dove venga in giuoco l’esercizio di un fondamentale diritto di libertà.
La verità è che proprio il pubblico monopolio, e non già la gestione privata di pochi privilegiati, può e deve assicurare, sia pure nei limiti impostati dai particolari mezzi tecnici, che questi siano utilizzati in modo da consentire il massimo di accesso, se non ai singoli cittadini, almeno a tutte quelle più rilevanti formazioni nelle .quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta. Ché, anzi, è proprio questa un’ulteriore via attraverso la quale si devono raggiungere quei “fini di utilità generale” in funzione dei quali l’art. 43 Costituzione rende legittima la riserva: il monopolio pubblico, in definitiva, deve essere inteso e configurato come necessario strumento di allargamento dell’area di effettiva manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra società.
. 6. – Le considerazioni fin qui esposte concorrono a dimostrare che il. monopolio statale dei servizi radiotelevisivi a trasmissione circolare non viola in via di principio le disposizioni costituzionali di raffronto. Ma occorre a questo punto accertare se quel monopolio risulti costituzionalmente giustificato in tutta la sua ampiezza e se, nella parte di sua legittima operatività, esso sia accompagnato da garanzie idonee ad assicurare che il suo esercizio sia effettivamente diretto al conseguimento di quei fini di utilità generale che soli possono consentirlo.
7, – Quanto al primo aspetto, la corte osserva che la riserva allo Stato, in quanto trova il suo presupposto nel numero limitato delle bande di trasmissione assegnate all’Italia, non può abbracciare anche attività; come quelle inerenti ai c. d. ripetitori di stazioni trasmittenti estere, che non operano sulle bande anzi dette. È evidente che in questo particolare settore, senza apprezzabili ragioni. l’esclusiva statale sbarra la via alla libera circolazione delle idee, compromette un bene essenziale della vita democratica, finisce col realizzare una specie di autarchia nazionale delle fonti di informazione. Può ammettersi che l’impianto e l’esercizio di siffatti ripetitori debbano essere sottoposti ad una disciplina legislativa in considerazione della salvaguardia di pubblici interessi. Ma è anche vero che la tutela di questi ultimi può realizzarsi con un regime di autorizzazione, non esige certo l’esclusione del diritto del singolo.
8. – Volgendo ora l’esame al diverso problema delle garanzie che devono accompagnare la riserva allo Stato, occorre trarre le debite conclusioni da quanto si è detto nei precedenti paragrafi. La sottrazione del mezzo radiotelevisivo è legittima solo se si assicuri che il suo esercizio sia preordinato a due fondamentali obiettivi: a trasmissioni che rispondano alla esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obiettività e completezza di informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società; a favorire, a rendere effettivo ed a garantire il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. In mancanza di una disciplina legislativa che imponga queste due linee direttive e che predisponga gli strumenti all’uopo adeguati, il mezzo radiotelevisivo, posto nella libera disponibilità di chi lo gestisce, rischia, non meno, e forse con maggior danno, che se fosse nelle mani di pochi privati, di essere un poderoso strumento a servizio di parte, non certo a vantaggio della collettività. In altri termini, il monopolio pubblico, una volta libero da ogni regola che correttamente ed efficientemente ne disciplini l’esercizio, potrebbe tendere a fini e portare a risultati diametralmente opposti a quelli voluti dalla Costituzione.
Nel fare questa affermazione la corte non intende esprimere alcun giudizio sul modo col quale i mezzi radiotelevisivi sono stati finora gestiti: intende solo adempiere al suo dovere di accertare quali siano le condizioni minime necessarie perché il monopolio statale possa essere considerato conforme ai principi costituzionali.
A tal proposito la corte, pur nel rispetto della discrezionalità del legislatore di scegliere gli strumenti più appropriati ad assicurare il conseguimento dei due fondamentali obiettivi di cui innanzi si è discorso, ritiene che la legge debba almeno prevedere: a) che gli organi direttivi dell’ente gestore (si tratti di ente pubblico o di concessionario privato purché appartenente alla mano pubblica) non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obiettività; b) che vi siano direttive idonee a garantire che i programmi di informazione siano ispirati a criteri di imparzialità e che i programmi culturali, nel rispetto dei valori .fondamentali della Costituzione, rispecchino la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero; c) che per la concretizzazione di siffatte direttive e per il relativo controllo siano riconosciuti adeguati poteri al Parlamento, che istituzionalmente rappresenta l’intera collettività nazionale; d) che i giornalisti preposti ai servizi di informazione siano tenuti alla maggiore obiettività e .posti in grado di adempiere ai loro doveri nel rispetto dei canoni della deontologia professionale; e) che, attraverso una adeguata limitazione della pubblicità, si eviti il pericolo che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela; f) che, in attuazione di un’esigenza che discende dall’art.. 21 Costituzione, l’accesso alla radiotelevisione sia aperto, nei limiti massimi consentiti, imparzialmente ai gruppi politici, religiosi, culturali nei quali si esprimono le varie ideologie presenti nella società; g) che venga riconosciuto e garantito, come imposto dal rispetto dei fondamentali diritti dell’uomo, il diritto anche del singolo alla rettifica.
A tanto non provvede la legislazione vigente, nella quale, a parte alcune disposizioni contenute nel d.l. 3 aprile 1947 n.428 (modificato dalla legge 23 agosto 1949 n. 681), palesemente insufficienti ad assicurare serie direttive in ordine ai programmi ed a consentire un efficiente controllo del Parlamento, nulla si rinviene che possa corrispondere a quel minimo di regolamentazione a cui innanzi si è fatto cenno.
9. – Per le ragioni esposte deve essere dichiarata, nei sensi di cui in motivazione e nella parte relativa ai servizi di radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche, l’illegittimità costituzionale: a) degli art. 1, 166, 168; n. 5, 178 e 251 r. d. 27 febbraio 1936 n. 645 (in parte modificato dalla legge 14 marzo 1952 n. 196); b) degli art; 1, 183 e 195 d. pres. 29 marzo 1973 n. 156.
10. . L’ordinanza 15 maggio 1971 del Pretore di Poggibonsi impugna gli art. 1, 2 e 18. r. d. 8 febbraio 1923 n. 1067, ma, correttamente interpretando il provvedimento, 1e censure devono essere ritenute rivolte alle corrispondenti norme contenute nel r. d. n. 645 del 1936, oggetto della dichiarazione di parziale illegittimità.
L’ordinanza 17 febbraio 1972 del Pretore di Macerata impugna l’art. 9 d. pres. 5 agosto 1966 n. 1214, e l’ordinanza 22 marzo 1973 del Pretore di Perosa Argentina impugna il d: preso 26 gennaio 1952 n. 180. In entrambi i casi si tratta di atti non aventi forza di legge e pertanto le relative questioni devono essere. dichiarate inammissibili.
Varie ordinanze impugnano, fra l’altro, l’art. 3 legge 14 marzo 1952 n. 196. Ma, poiché ovviamente tale disposizione, che si limita a disporre l’obbligo di preventiva denuncia della detenzione di apparecchi radiotrasmittenti, non viola gli art. 21, 41 e 43 Costituzione, la questione deve essere dichiarata non fondata.
Per questi motivi, a) dichiara l’illegittimità costituzionale degli art. 1, 166, 168, n. 5, 178 (cosi come sostituito dall’art. 1, n. 2, legge 14 marzo 1952 n. 196) e 251 r. d. 27 febbraio 1936 n. 645 (approvazione del codice postale e delle telecomunicazioni), e degli art. 1, 183 e 195 d. pres. 29 marzo 1973 n. 156 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte relativa ai servizi di radiotelediffusione circolare a mezzo di onde elettromagnetiche; b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 d. pres. 5 agosto 1966 n. 1214 (nuove norme sulle concessioni di impianto e di esercizio di stazioni di radioamatori) e del d. pres. 26 gennaio 1952 n. 180 (approvazione ed esecutorietà della convenzione per la concessione alla R.a.i. del servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione su filo), sollevata in riferimento agli art. 21, 41 e 43 Costituzione; c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 legge 14 marzo 1952 n. 196, sollevata in riferimento agli art. 21, 41 e 43 Costituzione.