Il D.L. Maccanico sull’istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
Viene istituita l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Si tratta di un organismo indipendente, con autonomia “di giudizio e di valutazione”.
L’Autorità avrà il compito di disciplinare sia le materie attinenti il settore delle telecomunicazioni sia quello radiotelevisivo, in base a quanto stabilito dalla legge n.481/1995 recante norme in materia di concorrenza e regolazione dei servizi di pubblica utilità. Inoltre, l’Autorità subentrerà, nei rapporti organizzativi e funzionali, nonchè in quelli di utilizzazione di beni mobili e immobili e relativi servizi, attualmente facenti capo al Garante per la radiodiffusione e l’editoria; pertanto le norme contenute nella legge Mammì (223/1990) relative a quest’ultimo soggetto vengono abrogate (vedi comma 16). Sono organi dell’Autorità:
– il Presidente (nominato con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio d’intesa con il Ministro delle Poste e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, ai sensi della legge n.481/1995, istitutiva delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità);
– la Commissione per le infrastrutture e le reti: composta da quattro commissari nominati da Camera e Senato, a maggioranza semplice. Ad essa spettano i compiti che l’articolo 2 della legge n.481 del 1995 riserva all’Autorità per le telecomunicazioni. Il testo in esame individua poi alcuni compiti attribuiti alla Commissione quali:
– l’espressione di parere al Ministro delle Poste in ordine all’elaborazione del piano di ripartizione delle frequenze;
– la determinazione degli standards per i decodificatori nel rispetto della legislazione europea;
– la tenuta del registro degli operatori di comunicazione alla cui iscrizione sono tenuti tutti i soggetti destinatari di concessione;
– regola le relazioni tra gestori e utilizzatori delle infrastrutture di telecomunicazione;
– promuove l’interconnessione dei sistemi nazionali di telecomunicazione con quelli di altri paesi;
– la Commissione per i servizi e i prodotti, anch’essa composta da quattro Commissari nominati dal Parlamento, ha le competenze soprattutto per il settore televisivo (vigila sulle modalità di distribuzione dei servizi e dei prodotti, inclusa la pubblicità in qualunque forma diffusa).
Si nota che le norme relative alla nomina degli otto Commissari (affidata al Parlamento) contrasta con i principi stabiliti dalla legge citata n.481/1995, la quale rimetteva il compito delle nomine al Governo. Infatti l’articolo 2, comma 7 della legge 481/1995 stabiliva che “ciascuna autorità è organo collegiale costituito dal presidente e da due membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente.” Tuttavia, il testo Maccanico prevede (all’articolo 3, comma 6) la soppressione dell’Autorità per le telecomunicazioni prevista nel citato articolo 2 della legge sulle autorità per i pubblici servizi.
Il Consiglio (costituito dal Presidente e dagli otto Commissari):
– suggerisce al Governo interventi, anche legislativi, in relazione ad innovazioni tecnologiche nel settore delle telecomunicazioni;
– accerta la sussistenza di posizioni dominanti e le segnala all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato;
– svolge le funzioni già attribuite al Garante per l’editoria;
– trasmette annualmente al Parlamento una relazione sull’attività svolta dall’Autorità e sui programmi di lavoro.
Il comma 10 dell’articolo 1 prevede inoltre l’istituzione, di un Nucleo speciale della Guardia di Finanza per la radiodiffusione e l’editoria, che ha compiti istruttori e di controllo connessi all’esercizio al settore della radiodiffusione e dell’editoria.
Commi da 12 a 15 – Per quanto riguarda il personale dipendente dall’Autorità – 260 unità di organico più altre 60 da assumere con contratto a tempo determinato – le norme dettate dal testo Maccanico ricalcano gli stessi principi adottati dalla legge 287/1990 relativamente al reclutamento e all’organizzazione dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato.
Vengono dettati i principi generali sulla base dei quali devono essere valutate le intese restrittive e lesive della libera concorrenza, nonchè delle posizioni dominanti che abbiano per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza stessa all’interno del mercato nazionale del settore delle comunicazioni. A tal fine vengono correttamente richiamate le norme della legge n.287 del 1990. Il compito della tutela del pluralismo e della concorrenza è affidato all’Autorità di cui all’articolo 1.
Comma 6 – Si ricorderà che la sentenza della Corte Costituzionale n.420 del 1994, al fine di garantire il pluralismo informativo, richiede l’imposizione a ciascun soggetto privato di un limite pari al 20% delle reti terrestri nazionali. In ottemperanza a tale principio il comma 6 dell’articolo 2 prevede che non possano essere rilasciate concessioni che consentano ad uno stesso soggetto di irradiare più del 20 % dei programmi televisivi o radiofonici in ambito nazionale, trasmessi su frequenza terrestre. Ciò significa che (a partire dal 28 agosto 1997, come prescrive l’articolo 3, comma 4) un solo soggetto non potrà ottenere più di un quinto delle concessioni nazionali; nella situazione attuale, con 12 reti nazionali, questo tetto è ovviamente di due. Tuttavia ciò vale solo per le frequenze terrestri; viene ciò lasciato fuori il satellite. Pertanto, Mediaset non dovrà cedere una rete, le basterà spostarla sul satellite, poichè nel computo non sono inclusi i canali via satellite e via cavo. Ma tale norma sarà applicata alle reti fissate dall’Autorità con il futuro Piano di assegnazione delle frequenze; pertanto se il numero totale delle reti verrà elevato (ad esempio da 12 a 15) Mediaset potrà continuare a trasmettere su tutte e tre le reti, infatti il 20% di 15 è proprio tre.
Viene quindi stabilito che l’Autorità, nel Piano di assegnazione delle frequenze, determinerà il numero dei programmi irradiabili in ambito nazionale e locale. Dalla lettura della norma in esame si osserva che le norme antitrust enunciate non contengono limiti specifici per l’emittenza televisiva e radiofonica locale. Ricordiamo che, nella passata legislatura, la Commissione Napolitano aveva introdotto anche un limite del 40% sulle risorse a livello locale; se invece la norma rimarrà nella versione descritta un solo soggetto potrà controllare il 100% delle risorse di una regione.
Comma 7 – Nei casi in cui l’Autorità ravvisi la violazione del comma precedente può provvedere ad ordinare la dismissione, entro congruo termine (non superiore a un anno), di aziende o rami di aziende.
Comma 8 – Si tratta della vera norma antitrust contenuta nel provvedimento, riferita sia al settore pubblico che a quello privato. Vengono così individuati limiti percentuali riferiti alle varie attività economiche riconducibili al settore delle telecomunicazioni nel suo complesso e, di conseguenza, ai proventi ricavabili, nel settore radiofonico nazionale, nel settore dell’emittenza televisiva nazionale, nel settore dell’emittenza televisiva via cavo e via satellite, nel settore dell’editoria e della radiotelevisione (locale e nazionale) e nel settore pubblicitario: nessuno può detenere una quota superiore al 30% del totale delle risorse del mercato.
Così, per quanto riguarda il settore televisivo (sia privato che pubblico) i soggetti destinatari di concessioni in ambito nazionale – riferito alle trasmissioni via etere terrestre e codificate – non potranno avere una quota superiore al 30% delle risorse del sistema costituite da pubblicità, sponsorizzazioni, televendite, canone, convenzioni con soggetti pubblici e proventi delle tv a pagamento. Nel conto delle risorse del settore entra quindi anche il canone RAI, considerato evidentemente sostitutivo di una eventuale raccolta pubblicitaria che la RAI non può fare. Nel testo, tuttavia, è stata introdotta una precisazione: i proventi derivanti da finanziamento del servizio pubblico si intendono al netto del diritto dell’Erario (cioè per l’85,2% spettante alla RAI). Per quanto riguarda i proventi da pubblicità, spettanze per televendite e sponsorizzazioni, nonchè ricavi da offerta televisiva a pagamento, questi si intendono al lordo delle spettanze delle agenzie di intermediazione.
Anche per i soggetti destinatari di concessioni radiofoniche nazionali, vale lo stesso limite del 30% delle risorse. Tuttavia il calcolo delle risorse in questo caso è fatto solo sui proventi derivanti da pubblicità, vengono quindi scorporati gli introiti del canone.
Lo stesso limite del 30% delle risorse del settore vale per i soggetti autorizzati a trasmettere via cavo o via satellite; tuttavia per questi, al fine di consentire l’avvio dei mercati, l’Autorità, per un periodo non superiore a quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, può stabilire limiti diversi da quelli citati.
Nel caso in cui un concessionario televisivo sia anche un editore, o abbia partecipazioni in quotidiani o periodici, il tetto è fissato al 20% (del ricavato complessivo dei settori). Viene fatta salva la disciplina antitrust dell’editoria.
Le concessionarie di pubblicità hanno anch’esse i limiti del 30% e del 20%; viene inoltre stabilito che le concessionarie di pubblicità possono raccogliere spot solo per le reti dell’impresa controllante.
Comma 9 – Qualora uno dei limiti quantitativi citati venga comunque superato mediante intese o concentrazioni l’Autorità provvede ai sensi del citato comma 7.
Comma 10 – Le misure sopracitate non si applicano ai soggetti che abbiano una sola concessione televisiva o radiofonica o un’autorizzazione per pay-tv via satellite, per irradiare un solo canale nazionale. Quindi solo chi possiede un solo canale non avrà limiti.
Comma 13 – I destinatari di concessioni radiotelevisive in chiaro su frequenze terrestri potranno, previa autorizzazione dell’Autorità, trasmettere anche via satellite e via cavo.
Comma 14 – Ai fini della definizione di posizione dominante, i soggetti che raccolgono pubblicità per una quota superiore al 50% del fatturato di una emittente, nonchè i produttori e distributori di produzioni audiovisive che forniscono prodotti ad una emittente televisiva per una percentuale superiore al 35% del tempo di diffusione giornaliero o al 35% della fascia di maggiore ascolto, sono equiparati ad un soggetto destinatario di concessione o autorizzazione.
Commi 16, 17 e 18 – Vengono fissati i principi in base ai quali, ai fini dell’indivi-duazione delle posizioni dominanti, debbano essere valutate le partecipazioni di capitali in imprese controllate, anche indirettamente.
Comma 2 – Ai soggetti già operanti al momento dell’entrata in vigore della presente legge viene consentito di proseguire la propria attività (sia in ambito nazionale che locale) fino al 28 agosto 1997.
Comma 3 – Il piano di assegnazione delle frequenze verrà redatto dall’Autorità entro il 31 gennaio 1997. A tale data, i soggetti che superino i limiti previsti dal citato articolo 2, comma 6, possono trasferire via satellite o via cavo una delle reti concesse a condizione che, dal 1 marzo 1997, trasmettano contemporaneamente su frequenze terrestri e via satellite o via cavo e, dal 28 agosto 1997, esclusivamente via satellite o via cavo.
Comma 4 – La RAI vedrà, a partire dal 28 agosto 1997, uno dei propri canali trasformato in rete federale, articolata in una o più società con valenza territoriale di ampie dimensioni costituite tra la stessa concessionaria (RAI) e le Regioni e le Provincie autonome. La RAI manterrà la quota di controllo di queste nuove società. A tali società non si applicano i limiti alla raccolta di risorse economiche.
Comma 5 – Si tratta della norma più discussa del testo : i soggetti privati che, alla data di entrata in vigore della presente legge, controllano più di due emittenti nazionali, potranno mantenere la titolarità delle ulteriori concessioni a condizione che sia assicurato, a partire dal 1 gennaio 1997, l’adeguamento degli indici di affollamento pubblicitario con la riduzione, su ogni rete, del 2%, (passando dal 18% al 16%) oppure, su una sola rete, di un terzo (6%) rispetto ai limiti stessi.
In sostanza, dal 1 gennaio 1997 al 28 agosto 1997, vale a dire fino alla data di avvio del regime antitrust, le tre reti Mediaset dovranno ridurre la pubblicità del 2% su ogni rete oppure del 6% su una sola rete.
Tale norma aveva sollevato nei giorni scorsi aspre critiche da parte di Mediaset. Gianni Letta aveva quantificato in 750 miliardi la perdita annua del gruppo; in base alle stime del Ministro Maccanico la riduzione di fatturato potrebbe arrivare a 150 miliardi.
L’onere finanziario connesso all’istituzione dell’Autorità ed al funzionamento del relativo ufficio viene stimato in 52.090 milioni.