I fatti. Il 4 dicembre un
nucleo di carabinieri, su mandato del Ministero della Comunicazione
chiude Telefabbrica, una telestreet (www.telestreet.org) nata a
Termini Imerese per sostenere la lotta degli operai della Fiat
minacciati di licenziamento. Telefabbrica trasmetteva da sabato sera
(30/11) in un raggio di 150 metri. Evidentemente uno spazio
comunicativo decisamente troppo ampio per le ragioni degli operai.
Il progetto Telestreet coinvolge in Italia varie esperienze in
tutte le regioni e intende punta a rompere il monopolio della
comunicazione semplicemente comunicando con tutti gli strumenti,
anche quello televisivo. E’ possibile farlo, a basso costo, mettendo
in moto le energie creative e politiche del territorio. Telestreet è
nata, dunque, per portare democrazia nella comunicazione.
E a chi porta democrazia si contesta invece il reato di
accensione di un impianto trasmittente senza autorizzazione
governativa. Pena: immediata disattivazione del trasmettiore da
parte dei funzionari del Ministero delle Comunicazioni.
Il bilancio di Telefabbrica e’ comunque positivo: in tre giorni
di vita e’ riuscita a raccogliere la partecipazione e la fiducia
degli operai in lotta, dei cittadini di Termini e di tutti quelli
che credono, nonostante tutto, nell’informazione libera e
indipendente.
Purtroppo pero’ il messaggio che arriva dal governo appare
chiaro: nessun diritto di comunicare al di fuori di quanto deciso e
approvato istituzionalmente. Telefabbrica non ha la concessione
governativa che autorizza a trasmettere, viola dunque l’articolo 195
della Legge Mammì. Chiusura immediata. Tolleranza zero verrebbe da
dire, ma c’e’ un ma. Anche Rete4, un canale nazionale, non
dispone della concessione, ma Rete4 continua a trasmettere e non da
3 giorni. Misteri delle burocrazie ministeriali.
Ma cosa dice nello specifico l’art.195? L’articolo si intitola
Impianto od esercizio di telecomunicazioni senza concessione o
autorizzazioni e stabilisce che senza autorizzazione non e’
possibile installare, stabilire ne’ esercitare impianti di
telecomunicazioni. Le pene previste vanno da una ammenda tra le
100 mila lire e 1 milione se l’impianto e’ radioelettrico, fino ad
arrivare all’arresto da 6 a 18 mesi se l’impianto e’ via cavo (in
questo caso l’ammenda e’ tra le 200 mila e i 2 milioni di lire).
L’art. 195 inoltre estende questi trattamenti anche a chi installa o
esercita impianti ripetitori per diffondere programmi sonori o
televisivi (insomma il lavoro di Galliani fino a che non gli hanno
regalato il Milan).
Bisogna pero’ dire che l’art. 195 della Mammi’ e’ in gran parte
superato (ma come sempre mai abrogato) da altre sentenze, la piu’
importante quella della Corte Costituzionale n.202 del 1976. In essa
si sostiene che: La sussistenza per le radioteletrasmissioni
locali via etere di una disponibilita’ di canali sufficienti a
consentire la liberta’ d’iniziativa privata senza pericolo di
monopoli od oligopoli, fa venire meno l’unico motivo che, per tali
trasmissioni, possa giustificare quella grave compressione del
fondamentale principio di liberta’ sancito dall’art. 21 della
Costituzione, che anche un monopolio di Stato necessariamente
comporta, tanto piu’ che non vi e’ alcun ragionevole motivo perche’
siano consentite le radioteletrasmissioni private via cavo su base
locale e non anche quelle via etere. Cio’ non comporta che debba
escludersi la legittimita’ costituzionale delle norme che riservano
allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala
nazionale, giacche’ la diffusione sonora e televisiva su scala
nazionale, rappresenta un servizio pubblico essenziale e di
preminente interesse generale. Ne’ esclude che il legislatore possa
subordinare ad apposita licenza che stabilisca le modalita’
d’esercizio concreto delle radioteletrasmissioni private via
etere.
In sostanza nel 1976 si stabiliva che la possibilita’ tecnica di
avere piu’ canali radiotelevisivi permette una loro proliferazione
senza dover piu’ limitare l’applicazione dell’art.21 della
Costituzione (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione...). Da segnalare che l’attuale inquilino di Palazzo
Chigi questa sentenza se la dovrebbe ricordare bene, perche’ da li’
parti’ il suo successo imprenditoriale.
Questo articolo si e’ avvalso del materiale presente sul gruppo
di discussione Telestreet e sui
siti:
www.telestreet.it
www.cortecostituzionale.it