Dossier | |||
IndietroTorna alla Home page | Cerca |
Ma a Milano la tv di strada è ancora in cerca di segnale Non ha programmi ufficiali, non ha orari certi, non ha star e non conosce veline, sia politiche che in carne e bikini. Non è invaso da prezzemoline, non è monitorato dall?Auditel e non vi si dibatte di calcio. Non si paga alcun canone, tantomeno si corre il rischio di venir interrotti dalla pubblicità. Sulle sue frequenze non troverete Bruno Vespa, Maria De Filippi e Maurizio Costanzo. Tutt?al più Costanza, la postina del vostro quartiere, Filippo, del bar sottocasa, e Bianco, il rivenditore di motorette all?angolo. Benvenuti su Tv quartiere, o Tvstreet o, se si preferisce, Telecondominio, l?ultima provocatoria scommessa dell?etere, che promette di portare una ventata d?aria fresca nel ristretto panorama televisivo italiano. Ma con l?universo mediatico tradizionale ha davvero poco a che fare. IN PRINCIPIO VENNE ORFEO TV La capostipite di tutte le emittenti di quartiere è stata OrfeoTv di Bologna, che ha preso il nome della via da cui viene irradiata. Era il primo giorno d?estate 2002. Due, tremila i possibili utenti, quasi due le ore di programmazione, concentrate verso sera, trasmesse a giorni alterni. La prima emissione fu l?intervista a un barista. La si vide tutti assieme, intervistatori e intervistato, al bar. A ideare e tessere le fila del progetto, Franco ?Bifo? Berardi, leader del movimento del Settantasette, il filosofo Stefano Bonaga e un manipolo di attivisti mediatici con trascorsi in radio Alice, storica radio bolognese nata nella stagione delle frequenze libere. Tutti con un unico obiettivo: contestare la legge sulla concessione delle licenze radio-televisive e costruire un percorso a basso costo, largamente praticabile e alternativo al monopolio di Rai e Mediaset. Con questo programma il gruppo bolognese ha pensato di dar vita a una tv comunitaria, autogestita, a reale accesso collettivo. «Una tv capace di aprire i condomini-dormitorio che essa stessa, negli anni 60, aveva sigillato nella solitudine e nell?alienazione, una tv che faccia saltare il palinsesto nazional-popolare del consenso», scrive Matteo Pasquinelli, curatore del libro Media Activism, incentrato sulle contestazioni all?ordine mediatico. LA SECONDA ONDATA, IL NETWORK TELESTREET Dopo Bologna molti si sono mossi per creare una tv di quartiere trasmessa vie etere e non rilanciata da emittenti concessionarie. È il caso di NoWarTv, l?esperimento televisivo promosso da Emergency in occasione delle manifestazioni per la pace del 10 dicembre scorso: dieci ore di programmazione diffusa in chiaro da un satellite affittato per l?occasione, per una spesa complessiva di qualche manciata di migliaia di euro. Ma anche altri hanno raccolto il testimone e si sono impegnati a sviluppare l?idea. Al punto che il gruppo di via Orfeo ha pensato di costruire il network di tv di quartiere Telestreet, che unisce le forze di tutte le televisioni indipendenti e autogestite sorte lungo la penisola. Il network ne riunisce già diverse, sotto lo slogan ?facciamo cento, mille tv di quartiere, costruiamo un network e avremo una televisione a reale accesso pubblico?. A Gaeta opera da oltre un anno TeleMonteOrlando, a Trieste TelePonziana. OttolinaTv viene trasmessa in un condomino di Pisa. Da febbraio dovrebbe partire nella capitale SpegnilaTv , mentre da un po? si parla di TeleArcore, per il cui finanziamento si è simbolicamente fatto appello alla moglie del premier Berlusconi, Veronica Lario. E ancora, a Padova, Genova, Taranto si fanno prove tecniche di trasmissione. Significativa l?esperienza siciliana di TeleFabbrica, nata col contributo tecnico di Orfeo Tv per raccontare le storie quotidiane degli operai cassaintegrati di Termini Imerese e chiusa dopo tre giorni di trasmissione dal ministero delle Telecomunicazioni. OCCUPARE LE FREQUENZE, QUESTIONE DI CONI D?OMBRA A dicembre, sempre a Bologna, si è svolto Eterea, il primo incontro di tutte le neonate realtà. L?obbiettivo di Telestreet è creare un archivio on-line a cui tutti possano attingere per rimpolpare il palinsesto della propria emittente condominiale. Sempre in attesa che divenga realtà la banda larga: la televisione dopo la televisione, trasmessa sfruttando le tecnologie digitali, internet e i collegamenti satellitari. Un secondo obbiettivo del network è mettere in discussione i limiti legali che a oggi pendono sulle televisioni di quartiere e organizzarsi per rivendicare i canali 70 e 71 che si libereranno dopo lo spostamento sul satellite di Retequattro e Telepiù. La logica su cui si basa l?intero progetto è semplice. In tutto il paese esistono decine, centinaia di coni d?ombra. È sufficiente un?asperità del terreno, una piccola collina, e il segnale, anche il più potente, viene oscurato. Diventa così possibile inserirsi in queste ?macchie nere? dell?etere e trasmettere senza disturbare nessuno e sovrapporsi ad altri segnali. A Bologna OrfeoTv sfrutta il canale 51, normalmente in concessione a Mtv. Legalmente non sarebbe consentito, la legislazione italiana (la legge Mammì del 1984) su questo punto è chiara: in tutta Italia sono disponibili 48 frequenze, o canali; di questi, oltre una ventina sono occupati dai titolari di concessioni nazionali, Rai, Mediaset e La7, che operano su più di una frequenza, proprio per non correre il rischio di incappare in qualche cono d?ombra. Per occupare una frequenza ed essere quindi autorizzati a trasmettere occorre una concessione governativa, diversamente si rischia di incorre in sanzioni che vanno dalla multa (dai 2 ai 10 mila euro) per il semplice possesso di materiale atto a trasmettere, ai tre anni di reclusione in caso di recidiva. I RISCHI (LEGALI) DEL MESTIERE Ma chi entra nel giro di Telestreet conosce i rischi che corre. Anzi, da un certo punto di vista, i telepirati cercano una reazione delle istituzioni. Una volta fermati dall?autorità giudiziaria, le tv ?abusive? potranno fare ricorso al Tar e poi affidarsi alla Corte costituzionale, appellandosi all?articolo 21 della Costituzione (libertà d?espressione). Negli anni settanta la stagione dorata delle radio libere è nata così: sull?onda di una sentenza della Corte che nel 1974 sanciva l?incostituzionalità del monopolio di Stato dell?etere, immediato corollario del diritto d?espressione. Erano anche gli anni in cui l?antenna pirata Tv nel furgone trasmetteva da un van che girava per i quartiere della città. Ed erano gli anni in cui nasceva la televisione commerciale, sorta pressappoco come le tv di strada. Proprio nel ?74 il costruttore Silvio Berlusconi lanciò l?emittente TeleMilano, la tv via cavo di Milano 2. Fino alla metà degli anni ottanta nell?etere sono comparse e scomparse centinaia di piccole televisioni, che spesso duravano l?alba di un mattino. Erano però le progenitrici delle attuali televisioni locali, sorte tutte con fini commerciali. Nella sola Milano, in una decina d?anni, se ne contarono 91. Qualcuna ancora resiste ed è cresciuta, come TeleLombardia o TeleNova. IL CASO DELL?OLANDA: TV LIBERA FINANZIATA DALLO STATO Eppure ciò che in Italia viene oggi visto con sospetto, oltralpe sarebbe probabilmente passato inosservato. Alzando lo sguardo da via Orfeo si scoprirebbe che all?estero, da oltre vent?anni, operano gli OpenChannel. L?Olanda è la capostipite delle tv comunitarie, vere e proprie emittenti libere a partecipazione aperta, la cosiddetta community access television. Già negli anni settanta negli ambienti anarchici e squatter di Amsterdam videro la luce numerose tv pirata, tutte rigorosamente senza scopo di lucro. I programmi realizzati erano popolari ed innovativi, mischiavano denuncia, temi politici e sperimentazione artistica. Le tv si moltiplicarono in tutto il paese, sfruttando la diffusione del cavo e la tolleranza delle istituzioni olandesi. Un decennio dopo il Salto, organizzazione di coordinamento nominata dal governo della capitale, che sentì la necessità di dare una cornice legale al movimento, anche per garantire che i canali aperti fossero culturalmente rappresentativi della città. Oggi nella capitale olandese sono due i canali ad accesso pubblico: collaborano con Indymedia (il più esteso circuito di informazione autogestita) per la parte informativa e offrono un palinsesto libero. La trasmissione di punta è Hoekesten Live, programma in diretta, rigorosamente non professionale, una sorta di rave party itinerante trasmesso tutta la notte. Il ?massimo? nel campo della tv low budget si è raggiunto però a Rotterdam, dove da poco è nata PizzaTv, l?ultima frontiera dall?attivismo televisivo. Lo spettatore smanioso di comunicare telefona alla redazione, chiede un pizza-cameraman e in mezz?ora ci si trova a domicilio un agile operatore munito di telecamera pronta a registrare la performance dello spettatore attivo. In meno di due ore tutto viene trasmesso sui canali della locale cable channel. In Olanda tutto questo è possibile grazie alla capillarità del servizio di trasmissione via cavo, che non è considerato un lusso, ma un servizio e quindi è diffuso presso il 90 per cento della popolazione a costo zero. GLI OPEN CHANNEL IN EUROPA Ma gli Openchannel, televisioni urbane ad accesso libero diffuse via cavo, sono presenti in tutta Europa. Sono 88 le città tedesche che ne posseggono un?emittente urbana, finanziate direttamente dal governo con 1 per cento degli introiti delle tassa di concessione per le normali tv commerciali. Mentre a Stoccolma esiste un Open Channel, visibile 24 ore al giorno in tutte le 340 mila case della città: organizzato come una Ong, riceve sussidi dal municipio cittadino, e una volta a settimana ospita le trasmissioni di TvLatina, l?emittente della comunità ispanoamericana del paese. L?elenco dei paesi con canali ad accesso comunitario è lungo. Spiccano le isole Fiji, dove un?organizzazione non governativa neozelandese ha aiutato i cittadini di Suva a creare la propria tv comunitaria, in una realtà in cui esiste un solo canale, governativo. Inoltre una delibera del Parlamento europeo del ?95 invita ad adottare «misure per supportare gli open channel e quei cittadini che intendano effettuare trasmissioni, in modo di permette ai cittadini l?acceso diretto e la partecipazione ai media audiovisuali». QUALCOSA SI MUOVE A MILANO Di recente anche a Milano qualcosa si è messo in moto, anche se lentamente. Fino a pochi mesi fa nella capitale italiana dell?informazione e dell?editoria gli unici trasmettitori in funzione erano quelli di corso Sempione e di Cologno Monzese. Colpa anche della morfologia della città. L?assenza di colline ha creato un problema tecnico finora insormontabile: la mancanza di ?coni d?ombra?, cioè di buchi nelle frequenze in cui inserire i segnali pirata. I centri sociali milanesi sono impegnati principalmente nel progetto GlobalTv, la tv satellitare messa in piedi da Disobbedienti e Rifondazione comunista, che ha fatto il suo esordio nell?etere in occasione del Social Forum di Firenze, replicando la notte di fine anno a Termini Imprese quando il satellite è stato affittato per collegare la cittadina siciliana con le proteste del Venezuela. Ma è di questi giorni l?annuncio che a breve, in zona Rogoredo, potrebbero accendersi qualcosa. Sempre che attraverso la banda larga la strada maestra non diventi, per ragioni di tempo e comodità di diffusione, proprio lo schermo del pc. Tino Mantarro |
|